Giornata mondiale del migrante
e del rifugiato
2019







STORIE DI "SONO IO!"



Sono, io Zahara una ragazza somala di 16 anni. Ho deciso di andarmene da Mogadiscio, la mia città, perché lì la vita è difficile e il futuro delle giovani donne è già deciso. Le donne in Somalia non possono studiare. Le donne in Somalia devono sposarsi anche se non vogliono. Io da piccola sognavo di fare la maestra. Non volevo sposarmi senza amore. Ho deciso perciò di scappare, scappare verso l’Europa. Io e la mia amica Fharia, che aspettava un figlio. Siamo arrivate a un campo profughi di Tripoli: era l’inferno. Fharia è morta e io, da sola, ho dovuto imbarcarmi. I soccorsi mi hanno salvata dalle onde e portata in un centro di accoglienza. Anche se mi trovo in Italia da qualche anno, è difficile. La strada è in salita. Ma questo è solo l’inizio, ed io farò di tutto per costruirmi un futuro dignitoso. Sono anche io una persona, e me lo merito. Continuerò soprattutto ad impegnarmi con tutte le mie forze. Voglio vivere con dignità. Ho affittato un piccolo monolocale. A volte non è facile: succede che mi sento sola, guardata diversamente, sottovalutata. A dire il vero non è quasi mai facile. Ma vado avanti e continuo a vivere per me, per Fharia, e per il suo bambino, che vivono sempre nel mio cuore e nella mia mente.



SILVANO: Sono io, sono Silvano Pesenti! Io sono immigrato due volte. Sono nato in Svizzera e sono migrato in Italia. E poi, da grande, sono emigrato di nuovo in Svizzera. Sono nato in Svizzera e a 12 anni sono venuto da solo in Italia. Ho vissuto con i miei nonni a Brembilla. A 20 anni ho iniziato a lavorare, mi sono sposato e ho avuto una figlia. Nel 2011 sono rimasto disoccupato. Un amico mi ha proposto di andare a lavorare per lui in Svizzera. Così, nel gennaio 2012, sono ripartito per la Svizzera.

GIORNALISTA: E una volta ritornato in Svizzera l’impatto come è stato? SILVANO: Là tutto era cambiato: le abitudini e lo stile di vita non erano più le stesse. Persino la lingua era diventata un problema! Per questo mi sono sentito immigrato una seconda volta. Torno in Italia dalla famiglia una volta al mese, per un paio di giorni e durante le feste

GIORNALISTA: Quale è il tuo sogno più grande ora?

SILVANO: Vorrei tornare stabilmente in Italia. Vorrei stare vicino alla famiglia. Sogno per noi un futuro migliore. Salut!



Sono io, Azizi. Vengo dal Congo. La mia famiglia è ancora là. Ho 16 anni. Sono scappato dal Congo perché c’era la guerra. Ho camminato per giorni e giorni in mezzo a mille pericoli. Alla fine sono arrivato in Libia. Ho dovuto trovare il denaro per il viaggio. Poi, una mattina, mi sono imbarcato su un gommone. Sono arrivato sulle coste italiane. La traversata è stata molto difficile. Il mare era agitato, onde alte ci sbattevano da tutte le parti. Molti stavano male. Dopo tanti giorni finalmente siamo arrivati a Lampedusa. Ora sono in Italia. Voglio essere visto come una risorsa e non come una minaccia. Non sono uno che cerca una vita più “facile”. Voglio essere accettato, voglio darmi da fare. C’est moi, bonjour!”



Sono io, Salem. Ho 28 anni e vengo dalla Libia. Quando è morto mio padre ho dovuto mantenere la mia famiglia. Ho deciso di venire in Italia per guadagnare di più per la mia famiglia. Il primo viaggio è stato un disastro. Siamo naufragati a pochi chilometri dalla Tunisia. Ho perso tutto. In Tunisia ho lavorato di nuovo e mi sono rimesso in viaggio. Arrivati a Lampedusa siamo stati soccorsi. Ci hanno fatto i documenti per restare in Italia. Ora vivo a San Pellegrino. Ho fatto tutto questo per amore della mia famiglia. Ciao a tutti!



In Sierra Leone c'è il sole tutto l’anno. La terra è ricca di oro e di diamanti. L'aria è sempre calda e ricca di profumi. Sono io, Driss. Sono nato in una baracca a Freetown, la terra degli schiavi liberati. Lì le colline abbracciano il mare. La gente sogna la rivalsa. Amo la mia città, Freetown, la città della libertà. Ma non è più la città della libertà. La guerra è stata tutta la mia infanzia. Io sono stato un soldato, un bambino soldato. Non ricordo nulla di quello che c’era prima delle armi e del sangue, prima dei pianti e delle grida. A sedici anni sono fuggito. Cercavo una città libera per davvero. Sono partito una mattina d’estate all’alba. Il viaggio è durato due mesi. Ho attraversato cinque stati e un mare che non finiva mai. Ero senza forze e senza cibo. Siamo approdati sulle coste di Lampedusa. Era un giorno di settembre grigio e nuvoloso. Sulla spiaggia c’erano moltissime persone. Protestavano per il nostro arrivo.

Oggi vivo a Bergamo, in Val Brembana. Qui il sole non è come quello in Sierra Leone. Però la notte non sento urlare e per vivere non devo uccidere.





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